Oggi, 6 febbraio, ricorre la Giornata Mondiale contro le Mutilazioni Genitali Femminili, un fenomeno vasto e complesso, che include pratiche tradizionali che vanno dall’incisione all’asportazione, parziale o totale, dei genitali femminili esterni. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha condannato fortemente le Mutilazioni genitali ritenendo che esse violino il diritto fondamentale alla salute e all’integrità fisica di donne e bambine.
Si stima che il fenomeno interessi oltre 130 milioni di vittime nel mondo, di cui ben 35 mila in Italia
I paesi capofila per maggior numero di casi documentati appartengono al continente africano, seguito in misura decisamente minore da alcuni stati asiatici a predominanza islamica.
Rappresentano dei veri e propri riti di passaggio che regolano la vita delle bambine
Le MGF rappresentano dei veri e propri riti di passaggio che regolano la vita delle bambine, ne scandiscono la transizione all’età adulta e da cui dipendono l’accettazione, l’integrità morale e il rispetto all’interno della comunità. Purtroppo però, troppo spesso, tale pratica compromette, in modo grave e non sempre reversibile, lo stato di salute psicofisica di queste minorenni.
Oltre che umilianti, le mutilazioni genitali sono estremamente dolorose. Le bambine che vi sono sottoposte possono morire per cause che vanno dallo shock emorragico (le perdite ematiche sono cospicue) a quello neurogenico (provocato dal dolore e dal trauma), all’infezione generalizzata (sepsi). Ansia, senso di terrore, disturbi dell’umore, incubi, fobie, attacchi di panico, disturbo post-traumatico da stress e depressione sono solo alcune delle ripercussioni psicologiche che intaccano lo sviluppo ed il benessere di molte donne, lasciando un segno permanente nella loro vita.
(di Maria Colucci – Psicologa e Sessuologa Clinica)
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